Stanno attaccando i risparmi dei cittadini

Lo spread supera quota 320 per la prima volta dal 2013. Era inevitabile che la vicenda prendesse una piega del genere dopo quasi cento giorni di crisi politica e una perdurante incertezza economica a fare da sfondo. Per di più, a tenere banco, ci sono state le paventate (e strampalate) tesi su un’eventuale uscita dall’euro.

Le prime avvisaglie si erano già viste qualche settimana fa, dopo la diffusione da parte di Huffinghton post delle proposte economiche (irrealizzabili e scriteriate) contenute nella prima bozza del contratto di governo tra Lega e M5s. È da quel 15 maggio che lo spread è cominciato a salire senza sosta.

Ma la domanda che ci si pone oggi è: per quale motivo l’impennata dei rendimenti italiani prosegue incessantemente, anche nel giorno in cui Cottarelli avrebbe dovuto presentare la sua nuova squadra di governo? La spiegazione unanime degli analisti è legata proprio alla natura transitoria che dovrebbe avere il nuovo esecutivo. È chiaro infatti che in questo contesto dominato dall’incertezza, gli operatori finanziari – la cui peculiarità è anticipare gli eventi politici – sono già con la testa al prossimo passaggio elettorale.
Il punto è che i mercati sono terrorizzati da quelle idee schiettamente antieuropeiste e sovraniste sbandierate da Salvini e Di Maio – ormai entrate a far parte del dna di Lega e M5s. E un loro eventuale rafforzamento alle urne potrebbe inevitabilmente creare le condizioni per l’attuazione del temutissimo piano b ipotizzato da Savona, ossia l’abbandono della moneta unica.

Per questo gli investitori cominciano a disfarsi dei nostri titoli di Stato e a vendere a piene mani le azioni delle società quotate a Piazza Affari. Lo fanno rincorrendo una semplice logica dell’investimento, quella del cosiddetto “flight to quality”, ovvero una fuga dalla nostra borsa e dai nostri buoni del Tesoro per cercare altrove credibilità e prospettive di crescita: perché mai dovrebbero puntare su un Paese che rischia di sbandare sforando i conti pubblici o addirittura di schiantarsi contro un muro uscendo dall’euro?

Ma la cosa che spaventa di più, in questo clima di allarme istituzionale, sono forse le frasi di Salvini e Di Maio, che attribuiscono la salita dello spread a Cottarelli. Al punto da provocare, sui social, la reazione dei soliti leoni da tastiera, alimentando un clima di odio istituzionale.

Preoccupa quel “chiedete a Mattarella” pronunciato da Salvini a proposito dello spread. E atterrisce la frase di Di Maio (“Il problema non eravamo noi”), sempre parlando della bufera di oggi.

L’altro aspetto da sottolineare riguarda infine le conseguenze della bufera in atto: se i rendimenti vanno su, a rimetterci saranno le tasche degli italiani visto che l’Italia sarà costretta a pagare più interessi sul suo altissimo debito pubblico. Che tradotto vuol dire avere meno risorse a disposizione da destinare ai servizi essenziali per i cittadini.

Con buona pace della tesi narrativa totalmente infondata di Salvini e Di Maio, secondo la quale da una parte c’è la vecchietta della spesa (l’economia reale) e dall’altra il manager in doppiopetto (la finanza malvagia e complottista). I due leader dovrebbero forse ricordare come i titoli di stato rappresentino i denari di tutti noi, piuttosto che un’elite crudele che prende le decisioni al posto del popolo.

Fonte: Democratica – di Stefano Minnucci

del 29 Maggio 2018

 

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