Rapinatore, venditore di hot dog, “cuoco” di Putin e infine fondatore della Wagner: la storia di Prigozhin, l’uomo che assalta il Cremlino
Rozzo e volgare nelle parole, convinto di essere superiore alla legge e fedele (almeno fino a poche ore fa) soltanto a Putin. I suoi mercenari riflettono tutto ciò. E lo fanno con orgoglio, sempre per sfidare la leadership militare russa
Vladimir Putin “ha fatto la scelta sbagliata. Tanto peggio per lui. Avremo presto un nuovo presidente”. È il messaggio pubblicato su Telegram dal gruppo Wagner, la compagnia di mercenari fondata da Yevgeny Prigozhin, l’ex “cuoco di Putin” che oggi sfida il Cremlino e la leadership militare russa. Nel suo mirino sono finiti, ormai da tempo, Sergei Shoigu, ministro della Difesa, e Valery Gerasimov, capo di stato maggiore. A loro Prigozhin addebita gli errori nella cosiddetta “operazione militare speciale”, cioè l’invasione, in Ucraina.
Nel suo bollettino quotidiano l’intelligence militare britannica parla di una “faida” tra Prigozhin e la leadership russa diventata nelle ultime ore “un vero e proprio scontro militare”. La cosiddetta Marcia della libertà degli uomini Wagner e di Prigozhin, che ha annunciato di aver assunto il controllo dei siti militari di Rostov sul Don, rappresenta “la sfida più significativa per lo Stato russo negli ultimi tempi”, secondo i servizi segreti di Londra. Tanto che il Comitato nazionale antiterrorismo russo ha annunciato che nella città di Mosca e nell’omonima regione della capitale della Russia è stato dichiarato il “regime delle operazioni antiterrorismo”. “Al fine di prevenire possibili attacchi”, questo regime è stato istituito anche nella regione di Voronezh, al confine con l’Ucraina. L’FSB, cioè l’agenzia di sicurezza interna, ha invitato i mercenari Wagner ad arrestare Prigozhin e a rifiutarsi di seguire i suoi “ordini criminali e infidi”, definendo le sue dichiarazioni una “pugnalata alle spalle delle truppe russe” che fomenta un conflitto armato in Russia.
Nel suo discorso alla nazione, Putin ha parlato di tradimento. Ha detto che “il nome e la gloria degli eroi della Wagner” sono stati “traditi da coloro che hanno organizzato la ribellione”, che i soldati al fronte “hanno ricevuto questa pugnalata alle spalle”. E ha promesso che difenderà “il nostro popolo e il nostro Stato da ogni tradimento interno”, da “interessi personali, ambizioni smisurate”. Non ha citato direttamente Prigozhin.
I due hanno poco in comune. Sono nati entrambi a San Pietroburgo, che allora era Leningrado: il presidente nel 1952, il suo ex “cuoco” nel 1961. Il primo è passato dall’essere un funzionario del Kgb a leader russo. Il secondo ha scontato 9 anni di reclusione (la condanna era di 12) per rapina, frode e coinvolgimento di adolescenti nella prostituzione, poi ha avviato un chiosco di hot-dog. È tramite l’ospitalità che costruisce e rafforza negli anni i suoi legami con l’establishment russo, fino ad attirare l’attenzione di Putin, che aveva ormai scalato le gerarchie russe. I due si avvicinano negli anni Novanta, quando Prigozhin ha un’attività di ristorazione a San Pietroburgo e Putin è vicesindaco della città.
Prigozhin ha sfruttato questo legame per mettere in piedi un’attività di catering e aggiudicarsi importanti contratti pubblici che gli sono valsi il soprannome di “chef di Putin”. Diventa l’uomo delle cene di Stato, come quella del 2006 con l’allora presidente George W. Bush. Il suo raggio d’azione però si è in seguito esteso ad altri settori, tra cui i media e una famigerata “fabbrica di troll” (Internet Research Agency) che ha portato alla sua incriminazione negli Stati Uniti per le interferenze nelle elezioni presidenziali del 2016.
Ha riconosciuto soltanto a settembre dell’anno scorso di aver fondato, diretto e finanziato il gruppo Wagner. Secondo gli analisti la milizia risale al 2014, all’epoca del conflitto tra Ucraina e Russia per la Crimea. Negli anni il gruppo è stato impiegato, il più delle volte in coordinamento con la Difesa e l’intelligence russe, ai conflitti in Libia, Siria e in diversi altri Paesi africani. Nel 2021, l’Unione europea ha accusato Wagner di “gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la tortura e le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie e le uccisioni”, e di svolgere “attività destabilizzanti” nella Repubblica Centrafricana, in Libia, in Siria e in Ucraina.
È la cosiddetta “operazione militare speciale” che ha fatto la fortuna del gruppo. Complici anche il logoramento, alcune umilianti battute d’arresto e le perdite di territorio delle truppe regolari russe. Prigozhin ha reclutato nelle carceri russe, promettendo la grazia a chi sarebbe sopravvissuto a un periodo di sei anni di servizio in prima linea. A maggio ha dichiarato di aver reclutato 50.000 detenuti, di cui circa 10.000 sono stati uccisi a Bakhmut. Ha detto di avere 50.000 uomini a disposizione “nei momenti migliori”, con circa 35.000 in prima linea in ogni momento. Non ha però spiegato se queste cifre includessero anche i detenuti. Gli Stati Uniti hanno stimato che Wagner avesse circa 50.000 uomini impegnati in Ucraina (10.000 contractor e 40.000 detenuti) e che quasi la metà dei 20.000 soldati russi uccisi in Ucraina da dicembre sono state truppe di Wagner a Bakhmut. Sempre secondo Washington, Wagner starebbe spendendo circa 100 milioni di dollari al mese nella lotta e avrebbe ricevuto armi, tra cui razzi e militi, dalla Corea del Nord (e se ciò fosse vero, allora la contesa con i vertici militari russi potrebbe risale sino alla creazione della milizia).
In questi mesi, Prigozhin è passato dall’essere una figura oscura ad avere un profilo molto pubblico. Rozzo e volgare nelle parole, convinto di essere superiore alla legge e fedele (almeno fino a poche ore fa) soltanto a Putin. I suoi mercenari riflettono tutto ciò. E lo fanno con orgoglio, sempre per sfidare la leadership militare russa. Basti pensare ai video delle esecuzioni a colpi di mazza, diffusi ad arte per mostrare il lato feroce della milizia, probabilmente per spaventare più Mosca che Kyiv.
Ma il discorso odierno di Putin e alcune mosse del governo russo sembrano segnalare la volontà del Cremlino di mettere fine alla carriera di Prigozhin. Nei giorni scorsi il vice ministro della Difesa russo ha annunciato che entro il 1° luglio le “formazioni volontarie” che combattono in Ucraina dovranno firmare dei contratti direttamente con il ministero della Difesa. Ciò significa regolamentazione e ufficializzazione. E cioè rispondere agli ordini di Mosca, non più di Prigozhin, che intanto ha perso anche il sostegno del leader ceceno Ramzan Kadyrov, che l’ha accusato di aver pugnalato alle spalle la Russia e Putin.
Fonte: Huffingtonpost