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Con lo Zar o contro lo Zar. Su chi può contare Putin in questo inizio di guerra civile

Giurano fedeltà al Cremlino il patriarca Kirill e il macellaio ceceno Kadyrov. Prigozhin può appoggiarsi al sostegno della città di Rostov. L’ago della bilancia sarà l’esercito russo

In una guerra civile – così l’ha definita colui che l’ha lanciata, Evgenij Prigozhin – fare la conta è il primo passo. Capire di chi ci si possa ancora fidare e, al contrario, individuare le mele marcie è utile per comprendere il reale stato della situazione. Che sia per ambizioni personali o per cercare di rovesciare un sistema di cui anche il capo della Wagner ha beneficiato, l’ex chef del presidente russo ha lanciato la sua sfida al Cremlino. “Vladimir Putin si sbaglia profondamente, nessuno si consegnerà ai suoi ordini, non vogliamo che il Paese continui a vivere nella corruzione e nelle bugie”, ha tuonato il leader dei mercenari poco dopo il discorso dello Zar alla nazione durante cui ha chiesto di fermare l’avanzata dei “traditori” della Wagner, pronti a marciare su Mosca. “Non siamo traditori, siamo patrioti e quelli che sono contro di noi sono quelli che sono intorno ai bastardi”.

Al fianco di Putin, al momento, rimangono i soliti fedelissimi. “Ora la cosa più importante per la vittoria sul nemico esterno e interno, che vuole fare a pezzi la nostra madrepatria, per la salvezza del nostro Stato, è unirsi intorno al presidente, il comandante supremo in capo delle Forze armate del Paese”, è il messaggio lasciato su Telegram dal numero due del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev. “La divisione e il tradimento sono la via per la più grande tragedia, una catastrofe universale. Non permetteremo che accada. Il nemico sarà sconfitto, la vittoria sarà nostra”, è la sua garanzia. Parole che, pronunciate dall’ex presidente, devono sempre essere interpretate con cautela, visto la ricorrenza dei suoi sproloqui.

Più dure e significative sono invece quelle del ceceno Ramzan Kadyrov. Quello di fronte cui si trova la Russia “è un tradimento” a cui è pronto a opporsi, inviando i suoi soldati nelle “zone di tensione” (al momento, la Wagner ha preso il controllo di Rostov e Voronozeh, quest’ultima distante poco più di cinquecento chilometri dalla capitale). “Quello che sta accadendo non è un ultimatum al ministero della Difesa. È una sfida per lo Stato e contro questa sfida è necessario radunare tutti attorno al leader della nazione: l’esercito, le forze di sicurezza, i governatori e la popolazione civile. I soldati del ministero della Difesa e della Guardia Nazionale nella Repubblica cecena sono già partiti. Faremo di tutto per preservare l’unità della Russia e proteggere lo Stato”. Il dito di Kadyrov è ovviamente puntato contro Prigozhin. “Ho ripetutamente fatto notare che la guerra non è il momento giusto per esprimere le proprie rimostranze e risolvere le controversie. Immaginate come si sentono i soldati in trincea adesso. Di fronte a loro c’è un nemico e dietro le spalle una pericolosa avanzata. Stiamo parlando della stabilità, della coesione dello Stato e della sicurezza dei cittadini Qualunque missione ti venga data, non importa quali promesse ti vengano fatte, la sicurezza dello Stato e la coesione della società russa, in un momento del genere, sono sopra ogni altra cosa”. Infine, il capo delle forze cecene anticipa lo scenario che il Cremlino, forse, teme più di ogni altra cosa. “Vedrete come i nostri nemici in Occidente approfitteranno di questa situazione. Queste sono le conseguenze della marcia traditrice di Prigozhin, un vile tradimento”. Insomma, Kadyrov non ha dubbi su chi appoggiare. “Sostengo pienamente ogni parola di Putin. Vladimir ha giustamente rimarcato nel suo discorso che questa è una ribellione militare. Non ci sono scuse per tali azioni. La ribellione deve essere schiacciata e, se questo richiede misure dure, allora siamo pronti”, ha concluso.

Non che ce ne fosse bisogno, ma anche il Patriarca di tutte le Russie si è schierato con il presidente. Dopo una liturgia nel monastero di San Danilo a Mosca, Kirill ha chiesto ai fedeli di pregare per Putin e gli altri capi militari al potere “affinché il Signore rafforzi, illumini, protegga dai peccati e dagli errori e allo stesso tempo ispiri azioni che portino alla protezione della nostra Patria da tutte le minacce esterne, forse anche più pericolose e terribili”. Il suo monito è andato in diretta televisiva, a conferma di come il Cremlino cerchi di far breccia nella popolazione con tutti i mezzi a sua disposizione, e per andare dritto al punto il Patriarca ha citato un passo del Vangelo inerente al tradimento. “Chiunque mi rinnegherà davanti alla gente, io rinuncerò a lui” è il succo del discorso. Come Kadyrov, anche Kirill si è soffermato sull’Occidente. Da sempre esiste “chi vorrebbe portare un Paese così ricco e forte nell’orbita della propria influenza. Così era nell’antichità, così sembra anche ora. Questa missione speciale sta tornando di nuovo e viene posta sulle spalle del nostro popolo”.

Per ora, a rimanere in silenzio è il ministro della Difesa Sergei Shoigu, l’uomo che secondo Prighozin incarna tutti i mali della Russia. Non serve nessun suo messaggio, perché è chiaro da che parte stia. Così come tutto il governo di cui fa parte, dichiaratamente al fianco di Putin. La presidente del Senato, Valentina Matvienko, ha dichiarato pieno appoggio, allo stesso modo dei capi filorussi nel Donbass che in un video pubblicato su Telegram mostrano i loro soldati gridare all’unisono “con il presidente!”.

Molto, molto complesso invece trovare qualcuno che spalleggi l’avanzata della Wagner. In prima battuta, perché vorrebbe dire schierarsi contro il Cremlino, già ampiamente rischioso in tempi di calma piatta. Secondo, poi, chi sta muovendo guerra a Putin non è di certo un salvatore della patria, ma un uomo che si è macchiato dei peggiori crimini, per di più al soldo del governo russo. Se proprio si è costretti a prendere posizione, per chi vorrebbe un cambio radicale la scelta è dunque tra il male minore. E il male minore stavolta non è Putin. A riassumerla è stata l’oppositore e uomo d’affari in esilio, Mikhail Khodorkovsky, che ha chiesto di supportare Prighozin. “Sì, anche il diavolo dovrebbe aiutarlo se decidesse di andare contro questo regime. Se questo bandito (il signor Prigozhin) vuole disturbare l’altro (Putin, ndr) non è il momento di fare smorfie, ora dobbiamo aiutare”.

Certo è che a Rostov nessuno ha fatto resistenza. Venticinquemila uomini della Wagner sono riusciti a entrare a Rostov senza premere il grilletto, totalmente indisturbati. O appoggiati. Repubblica offre tre spiegazioni sul perché i mercenari abbiano scelto questa città per iniziare il loro golpe. Da lì sarebbero partiti gli attacchi contro di loro lanciati dall’esercito russo e, occupandola, possono bloccare altre iniziative simili a meno che il governo russo non decida di bombardare il proprio territorio. Rostov è inoltre uno snodo cruciale per le operazioni in Ucraina: bloccandolo, o la Difesa russa viene incontro alle richieste di Prigozhin oppure rischia di aprire due fronti, uno interno e uno esterno, impossibili da coprire allo stesso tempo. Infine, è un messaggio diretto a Putin: non è lo lui l’obiettivo della Wagner, ma i vertici militari di cui vorrebbero prendere il posto. “Non si ripeteranno gli errori del 1917”, ha assicurato il presidente. Dimenticandosi che quella rivoluzione iniziò proprio per l’ammutinamento di chi non condivideva una guerra, voluta solo dallo Zar.

Fonte: Huffingtonpost

Link: https://www.huffingtonpost.it/esteri/2023/06/24/news/con_lo_zar_o_contro_lo_zar_su_chi_puo_contare_putin_nella_guerra_civile-12483714/?ref=HHTP-BH-I12451735-P1-S1-T1

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