Non bastasse Berlusconi, adesso anche Renzi è diventato buono. O meglio: lui è sempre lo stesso di prima, con qualche chilo in meno e qualche capello bianco in più. Potesse riavvolgere il nastro, rifarebbe tutto daccapo dal principio alla fine, senza la minima resipiscenza. Ma nonostante ciò, sta godendo di un trattamento che per molti versi fa il paio con quello del Cavaliere, un tempo considerato al pari di Totò Riina, ma ora improvvisamente riabilitato nei commenti, nelle interviste allusive, nelle dichiarazioni zuccherose, addirittura coccolato e che Dio ce lo conservi a lungo. Come mai questa beatificazione di Silvio, a capirlo ci arriva chiunque: un vasto fronte politico e istituzionale sta cercando di sganciarlo da Salvini, per cui l’uomo deve sentirsi protetto a sinistra e illuso di poter ambire, tra un anno e mezzo, nientemeno che al Colle più alto. Pure Matteo va messo a suo agio, anche lui vezzeggiato e fatto sentire importante; ma nel suo caso la lusinga ha un altro obiettivo.
Se Berlusconi serve a rafforzare la maggioranza, Renzi fa comodo per rottamare il governo. Il tentativo è di farne un Pietro Micca o, visto che ricorre il cinquantenario del genio esaltato di Yukio Mishima, un autentico kamikaze capace di fare harakiri. Si spera di indurlo a provocare la crisi facendo leva su certi tratti caratteriali tipici del personaggio, al quale viene unanimemente riconosciuta la sfrontatezza accompagnata da un alto concetto di sé.
Sicuramente Renzi è meno pavido e irresoluto di chi vorrebbe spingerlo avanti, vale a dire quei tanti suoi ex-compagni di strada del Pd che non ne possono più di Conte e dei grillini (se potessero li scioglierebbero nell’acido), oppure semplicemente sono in astinenza da poltrone, ma difettano degli attributi necessari per passare all’azione; manca loro la “garra” del nostro eroe, che quelli considerano buono a nulla però capace di tutto.
Insomma: serve chi faccia il “dirty job” , lo sporco lavoro; un matto che indossi il giubbotto esplosivo per innescare un rimpasto che Conte non vuole o, addirittura, per far detonare l’intero Governo, caricandosene la responsabilità. A Renzi viene sussurrato di non perdere l’occasione di tornare protagonista. In un colpo solo si libererebbe del premier, al quale l’aveva giurata, e nella trattativa sulle poltrone otterrebbe come minimo un ministero in più. Italia Viva sarebbe l’ombelico del mondo, il suo “ego” verrebbe gratificato. Per molte settimane non si parlerebbe d’altro, la politica penderebbe dalle sue labbra, e sai che rivincita sarebbe, quale goduria nei confronti dei traditori e degli ingrati. Se poi Matteo temesse di esagerare, causando nuove elezioni, stia tranquillo perché tornare alle urne sarà impossibile. Anzitutto c’è il Covid che vieta manifestazioni, comizi, gazebo e code ai seggi. Votando rischieremmo il festival del contagio e illustri scienziati del Cts l’hanno fatto pesare, a quanto risulta, perfino in altissimo loco portando ad esempio quanto accadde in ottobre col referendum. Nel 2021 l’Italia presiederà il G20, dove si discutono i destini del mondo: non sarebbe il momento ideale per lavare i nostri panni sporchi. Inoltre andranno presentati i piani del Recovery Fund, necessari per incassare 209 miliardi che fanno gola a tutti. E come se non bastasse, dal [3 agosto 2021]() scatterà il semestre bianco, che impedirà di sciogliere il Parlamento fino all’elezione del nuovo presidente.
Insomma, Renzi può farsi detonare sereno (questo gli vanno dicendo nell’orecchio). Caduto un Governo se ne farà un altro senza patemi: per superare la resistenze di Mattarella, e procedere “obtorto Colle”, basterà soltanto un po’ di coraggio.
Naturalmente l’ex premier è tutt’altro che fesso. Sa perfettamente cosa si aspettano da lui nel Pd. Dove, a loro volta, hanno imparato quanto sia rapido Renzi, e non solo lesto nel pensiero, ma pure fantasioso, imprevedibile, capace di cambiare in un attimo traiettoria senza dare il minimo preavviso pur di ottenere i propri fini. Si illude chi pensa di poterlo usare. Lo si è visto quando nacque il Governo giallo-rosso: aveva posto un veto all’alleanza coi Cinque stelle salvo dare via libera, per poi abbandonare la casa madre e fondare il proprio partito. Per questo tra i “dem” c’è chi tira la leva del freno: flirtare con Berlusconi è già ad altissimo rischio. Mettersi per giunta nelle mani di Matteo significherebbe davvero troppo. Meglio rinunciare al rimpasto piuttosto che sfidare il destino.
Fonte/ Huffingtonpost