Il leader di Italia Viva racconta la parabola del potere a cuore aperto, ma senza perdere l’ironia. Una storia di umanità
Qualche giorno fa eravamo a Genova, in una bellissima giornata di sole al Porto Antico, per l’incontro finale di Matteo Renzi a sostegno della candidatura di Aristide Fausto Massardo, il candidato terzopolista di Italia Viva alla Regione Liguria.
Giusto per la cronaca, Massardo non ha vinto, né la lista a suo nome, che comprendeva candidati di Italia Viva, di +Europa, Socialisti e civici, ha fatto il quorum per portare in Consiglio della Liguria almeno un consigliere regionale.
Ma il risultato dell’ex preside di Ingegneria all’Università di Genova che portava le insegne di Italia Viva è stato molto migliore di quello di due parlamentari renziani come il sottosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto in Puglia e la senatrice Daniela Sbrollini in Veneto.
E, sempre per la cronaca, ad organizzare il tutto e ad essere angelo custode di Matteo Renzi è stata Lella Paita, presidente della commissione Trasporti di Montecitorio, che per Italia Viva ha elaborato il “piano shock” sugli investimenti in infrastrutture.
Ma, ripeto, oggi non si parla di politica e persino la battuta premonitrice di Renzi (“O vince Toti, o vince Massardo, Sansa non vince”) è un tocco di colore, all’interno di una giornata dal cielo azzurrissimo.
La storia oggi è assolutamente una storia di umanità.
Con anche un tocco di amarcord quando l’ex presidente del Consiglio racconta la sua visita a Silvio Berlusconi, senza peraltro mai nominarlo, se non con affetto, per augurargli una pronta guarigione dal Covid.
E ridendo quando, dopo aver detto, “tanto qui nessuno l’ha mai votato”, dalla platea dei suoi si alzano un bel po’ di mani.
“Qualche tempo fa – sorride Renzi con gli amici – fui invitato da un politico italiano, mio predecessore alla presidenza del Consiglio, di cui non farò il nome nemmeno sotto tortura – in una villa in Brianza. Lui faceva l’imprenditore televisivo prima di entrare in politica. Fu una gradevole conversazione e a un certo punto lui mi confessò che gli dispiaceva non avere una popolarità maggiore fra i nostri concittadini”.
Renzi, da abile attore, centellina le pause e poi racconta: “A questo punto, tirò fuori dei dati da cui risultava che un leader europeo aveva il 93 per cento di consenso. E mi disse “Vedi, Matteo, lui è amatissimo, addirittura più di me””.
“Lui” era il dittatore bielorusso Alexander Lukashenko.
Risate generali.
Ma la seconda parte del vangelo dell’umanità secondo Matteo è invece molto più amara, perché è il racconto della caducità del potere e, soprattutto, di come viene trattato chi lo perde.
Funziona in politica, come nel lavoro, come nella vita.
“Volevo raccontarvi questo. Ricordo, qualche anno fa, che noi prendemmo quasi il 43 per cento alle Europee, una percentuale mai raggiunta da nessun altro”.
Sorriso amaro.
“In quei mesi, nel Pd, tutti facevano a gara a dirmi quanto ero bravo, buono e capace, mi fermavano in continuazione per dire “Grande Matteo”. Forse anche io quando mi dicevano: “Matteo sei bellissimo” avrei dovuto capire che qualcosa non funzionava…”.
E l’autoironia aiuta a lenire il dolore per la seconda parte del racconto: “Ci sono alcuni di quelli che si sdraiavano per strada quando passavo io che oggi cambiano strada…”.
Ed è una bellissima e triste metafora della caducità del potere, forse il Renzi più umano e meno sbruffone di sempre, con la risata toscana e il suo gusto della battuta che si mischia con il sorriso a mezz’asta per i tradimenti politici e umani.
Guarda Lella Paita, Renzi.
La sente molto “sua”, perché ricorda di quando la sua presidente di commissione Trasporti venne crocifissa per l’alluvione a Genova, con la copertina di un giornale che la presentò come una sorta di “lady alluvione” e un’inchiesta poi finita – dopo le elezioni – con un completo proscioglimento.
Tramite la Paita, la “Ditta” iniziò a sferrargli l’assalto finale, poi culminato nel brindisi la notte del No al referendum costituzionale del 4 dicembre.
La sente molto “sua” perché gli ricorda di indagini sul suo mondo, anch’esse smontate dalla Cassazione, che hanno frenato la corsa di Italia Viva.
Tutto ora sta a vedere il futuro.
Se questo è una sorta di circolo combattenti e reduci, dove ci si racconta quanto si era giovani e belli, magari cercando la bella morte.
O se, invece, è una riflessione sugli errori fatti e da non ripetere e su ciò che si impara ogni giorno in politica.
Un punto di partenza e non di arrivo.
Il giorno della scissione e della nascita di Italia Viva, Matteo Renzi scrisse un Tweet molto semplice: ““Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso”. Come nella poesia di Frost noi scegliamo la strada più difficile, senza paracadute”.
Era la stessa citazione de “L’attimo fuggente” che aveva usato in una direzione Pd nel 1994 e quando chiese la fiducia in Senato.
Evidentemente, ama moltissimo questa frase e la usa appena può.
Il futuro di Matteo è la strada, fra le due nel bosco della politica e delle leggi elettorali, che sceglierà ora.
Fonte: notizie.tiscali.it