L’improbabile marxismo dei 5 stelle

Per Giorgia Meloni e tanti altri, i grillini sarebbero nient’altro che “comunisti” travisati, camuffati. Ma per carità…

Agli occhi delle persone semplici, i grillini sarebbero nient’altro che “comunisti” travisati, camuffati, comunque sempre loro. Categorica e irremovibile, Giorgia Meloni si è appena fatta megafono di questo ampio e, almeno ai nostri occhi, improbabile risibile sentire comune: “Con il M5S teorie marxiste al Governo”.

Intendiamoci, da parte sua si tratta di una promozione nel palmarès dello spessore politico, infatti poche settimane fa, sempre riferendosi alle attitudini culturali dei grillini, la leader di Fratelli d’Italia, chiamando in causa “droga libera e matrimoni misti”, li aveva definiti “praticamente una comitiva di punkabbestia al Governo”. Dare loro dei “marxisti” è ora, occorre riconoscerlo, un generoso bonus, un premio alla persistenza.

Nello specifico, sempre la Meloni, si era espressa accennando al “ritorno al governo delle teorie marxiste, sconfitte quando Luigi Di Maio andava a scuola”. Che stia pensando agli anni Settanta? Ne dubito, parliamo semmai di un tempo a ridosso del crollo del muro di Berlino – Di Maio è del 1986, i conti non tornano, perfino il Pci in quei frangenti smetteva di esistere, ancor meno l’irremovibile sinistra extraparlamentare.

Il riferimento ultimo, sempre da parte della Meloni, dettaglio che non incide sulla sostanza, oserei dire epistemologica, della discussione, riguardava il reddito di cittadinanza.

In ogni caso, e qui non c’è da ironizzare, effettivamente, presso molta “gente” di quartiere, i grillini sarebbero davvero un’emanazione delle multiformi attitudini dei “comunisti”, se non proprio “marxisti”, scientifici, cioè sistematici, propalatori delle idee che sappiamo. D’altronde, l’immagine della signora bionda che accosta Salvini a Verona e, fissandolo complice nell’abisso degli occhi, pronuncia: “Basta con Di Maio. Quando lo molli, dopo le Europee, vero?”… Quella supplica ammiccante custodisce la dimostrazione plastica dei convincimenti di ciò che chiameremo “destra diffusa”, lì ad attendere una svolta ancor di più, come dire, sovranista, cioè, in sostanza, reazionaria, l’atto ulteriore di ciò che personalmente ho definito il ’68 della destra: Dio patria famiglia e, all’occorrenza, giù botte agli studenti e ogni altro che dovesse “sobillare”. Magari perfino una prosecuzione ufficiale dei modi spicci utilizzati dalle polizie al G8 di Genova.

Nelle parole dell’anonima dama salviniana c’è ancora un implicito “… noi ci capiamo, Matteo, io e te ci sia capiti già, no?”, e in questo sembra di sentir riverberare la stessa attesa di revanche che animava, soprattutto emotivamente, i reduci di Salò dopo la disfatta, loro che incontrandosi, con sguardi complici reciprocamente dardeggianti, si ripetevano: “Sempre di quell’idea!” (sic).

Dunque, non stupisca che perfino la Meloni, sia pure nella sua postazione minoritaria, intervenendo nella prospettiva di un possibile blocco ulteriormente sovranista che la veda protagonista magari di governo, riferendosi proprio ai pentastellati ribadisca il concetto: “Questi del Movimento 5 Stelle sono marxisti!”

Ora, per dovere di complessità, bisognerebbe, innanzitutto, chiarire al mondo e a noi stessi come possano di fatto, nel presente post-ideologico, un Di Maio, un Di Battista, una Taverna, un Toninelli, un Fico porsi da “marxisti”.

Si tratterebbe forse di sostenitori dei principi dell’autore del “Manifesto dei comunisti” e de “Il Capitale”? Improbabile, neppure “Sendero Luminoso” credo abbia più di queste mire! Di sicuro, per fare un po’ di storiografia, “Crociata antimarxista”, venne definita, da parte fascista, nel 1936, l’aggressione alla Spagna repubblicana; incredibilmente, le parole della Meloni sembrano fare ritorno a quelle suggestioni da propaganda, e con lei gli incapaci di comprendere che Marx per primo, come gli studiosi fanno notare, egli stesso mai si definì marxista, limitandosi a operare da rivoluzionario e teorico di professione, insieme al collega Engels, ma adesso stiamo esagerando! Nel sentire dell’analfabeta di ritorno, leggere “marxista” significa trovare comunque la puzza di zolfo “comunista”, e cosa siano fantasmaticamente questi ultimi nella percezione dell’elettorato piccino borghese è storia nota.

Più problematico comprendere invece, nella situazione data, al di là della gratificazione di trovarsi al Governo, il succo politico del Movimento 5 Stelle. Per cominciare, e ci perdonerete l’esempio gastronomico, se sulle bustine del proverbiale zafferano “3 cuochi” riconosciamo i volti delle popolazioni che popolano gli emisferi terrestri, appare ormai impossibile dare nome ai singoli astri residenti nel simbolo del Movimento portato all’acme da Beppe Grillo e Casaleggio senior. Inutile andare ora su Wikipedia per comprendere il senso che ogni singola stella voglia restituire. Di sicuro però, cosa provata dai sondaggisti, un ampio segmento elettorale già “di sinistra”, magari il medesimo che si dibatteva tra “Girotondi”, “Popolo viola” e altre forme di “presidio democratico”, a un certo punto, attraverso l’improbabile dispositivo mentale secondo cui, morto Berlinguer, assurto a Padre Pio delle ragioni perdute, nulla a sinistra poteva più dirsi tale, ogni cosa infranta, uno psicodramma ovviamente da analfabeti storici, incapaci di risalire ai limiti della stessa fallimentare praxis berlingueriana, ma anche in questo caso non facciamola lunga pure su questo, poiché i molti già citati non capirebbero. Di sicuro però nel nuovo soggetto garantito dal talento del tribuno Grillo, il già appassionato di Inti Illimani e di Nanni Moretti, ha avuto la meravigliosa possibilità di coabitare, almeno nel pagine social, con quegli altri che, non meno convinti pentastellati di lui, non si facevano scrupolo di segnare, nero su bianco, “Viva il duce” e “Boia chi molla!”

Insomma, che il M5S sia un ircocervo assembleare è un dato oggettivo, identificarlo però con il “marxismo” ha qualcosa di lisergico, e ancora, volendo parte ancora più avanti la nostra riflessione sempre più plastica sui linguaggi (altri parlerebbero, semplificando ulteriormente, di “comunicazione”) politici odierni utilizzando l’immagine del cielo sognato dall’imperatore Costantino dove d’improvviso appare una croce accompagnata dal sottopancia “Con questo segno vincerai” (In hoc signo vinces), abbiamo la certezza che finora nell’orizzonte dei 5 stelle figura una sola frase degna della medesima luminescenza demagogica di quella cristiana: “Reddito di cittadinanza”.

I “marxisti”, meglio, i “comunisti”, lo ammetterà anche la Taverna, perfino nel loro abominio infine fallimentare, erano ben più immaginificamente prolifici piazzando lassù, nel loro “assalto al cielo”, ora “Proletari di tutti paesi unitevi” ora la frase tratta dall'”undicesima tesi su Feuerbach”, incisa proprio sulla tomba di Marx a Londra, di recente vandalizzata, “I filosofi hanno finora solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo”.

Non per essere scortesi con i colletti bianchi e le teste d’uovo della Casaleggio Associati al lavoro sulla piattaforma Rousseau, e neppure con la Meloni, ma finora, tra molta schiuma, nel loro firmamento, con insistenza abbiamo visto innalzarsi unicamente una cosa molto sottile che giunge dalla cosiddetta modulistica, cioè assai poco per una vera epica. Quel “reddito”, per ambire solo ad accostarsi alla fantasmagorica pioggia, perfino di sangue, venuta già dagli eredi del pensatoio dell’incolpevole Karl Marx, ha ancora molto da studiare. O no?

Fonte: http://www.huffingtonpost.it
di Fulvio Abbate – 15/04/2019

Link: https://www.huffingtonpost.it/2019/04/15/limprobabile-marxismo-dei-5-stelle_a_23711760/?utm_hp_ref=it-homepage

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