“Io sono un debuttante. E un debuttante che fa?”. Una scrollata di spalle e Matteo Renzi lascia i giornalisti a bocca asciutta alla buvette del Senato. Se non fosse per la scena, che in sè parla molto: l’ex segretario del Pd è l’uomo più ricercato oggi da stampa e senatori. “Ora sto zitto per due anni”. Esce dall’aula e ci mette 5 minuti per percorrere il breve Transatlantico fino alla buvette, saluti, resse, abbracci. “Caffè? Caffè per tutti”, paga Renzi ai renziani Francesco Bonifazi e Andrea Marcucci e anche agli orlandiani Antonio Misiani e Anna Rossomando. “Dov’è Anna?”, l’aveva persa di vista un minuto, dettaglio importante. Rossomando è candidata alla vicepresidenza del Senato, la carta dell’unità interna con la minoranza mentre intorno – secondo le informazioni che arrivano ai renziani dal centrodestra – si andrebbe scomponendo il puzzle intorno al nome di Paolo Romani per la presidenza del Senato.
Abbraccio mortale? Chissà. Ma questo è quanto arriva al Pd renziano, il più attivo nei contatti diretti col centrodestra. Anche su Casellati il Pd si asterrebbe: nessuna guerra. Perché poi ci sarà da trattare sulla Camera, dove i voti dem potrebbero far gola. “E lì – ci dice una fonte renzianissima – noi porremo come condizione due vicepresidenze, Camera e Senato”. Per la Camera: Ettore Rosato. Per il Senato: Rossomando, appunto.
Poi si incammina verso gli uffici del Pd, quelli che per metà sono stati conquistati dai 5 Stelle in questa nuova legislatura. “Ma i giornalisti possono stare anche qui?”, guarda il gruppo della stampa incredulo. Poi con Richetti, Bonifazi, Marcucci e qualcun altro si chiude nella stanza accanto al busto di Don Sturzo per una riunione occasionale. Non c’è tutto il gruppo Pd del Senato, non c’è l’ex capogruppo Luigi Zanda, in questa fase uno dei più accaniti critici dell’ex segretario. Ci sono solo i suoi in questa riunione a porte chiuse. E’ qui che Renzi detta la linea, in questa riunione in cui entra canticchiando Alan Sorrenti con l’aria del vincitore: “Dammi il tuo amore non chiedermi niente…”.
A fine riunione, le aspettative renziane restano salde sull’auspicio che Berlusconi riesca a tenere a bada il M5s. E’ la garanzia per bloccare eventuali accordi tra la parte non-renziana del Pd e i pentastellati su un nome diverso dal candidato di Forza Italia. Non a caso, da ieri gira il nome di Emma Bonino, che piace alla parte non renziana del Pd e ai cinquestelle. Uscendo dagli uffici dei Dem, Renzi la incontra, la Bonino. E’ seduta in un angolo del corridoio dei busti, che collega i locali del Pd al Transatlantico. Rapida stretta di mano con la Radicale, freddezza: Renzi passa avanti. E’ più caloroso con un gruppo di senatori di Fratelli d’Italia, persino.
In Senato, accompagnato dal fedelissimo Andrea Marcucci (probabile prossimo capogruppo), gira come un neofita: gli piace far credere che sia così. “La differenza tra il lavoro di un primo cittadino e quello di un senatore…”, la riflessione confessata ai giornalisti resta appesa così. Lavorano meno dei sindaci? “E’ diverso: un sindaco, ma anche un premier, non stacca mai, 24 ore su 24…”. Qui al Senato, il neoeletto senatore di Rignano che punta a entrare in “commissione Difesa”, avrà molto tempo libero. Già ce l’ha, a quanto racconta alla stampa. “Vado a correre, faccio il babbo e ho visto tanti film. Come si chiama quello sul Missouri? I tre cartelli…”. ‘Tre manifesti a Ebbing’. “Ecco, sì bellissimo. Ma mi è piaciuto moltissimo anche Churchill”, ‘L’ora più buia’. “E poi quello su Borg-McEnroe…”, visto che tra le altre cose dice che gioca “a tennis, ci provo…”.
Ostenta distanza con la politica e le trattative in corso sulle presidenze. Anche se ne parla dentro con i suoi, laddove si lascia andare in sfottò su Liberi e Uguali: “Quanti senatori hanno? Quattro. Beh un bel risultato…”. Risate, si sentono dal corridoio. Prende le misure del gruppo Dem, anche se nei locali rimpiccioliti dopo la debacle elettorale c’è poco da prendere. “Fin dove è nostro?”, si informa. Qui una volta era tutto Pd, ora per più della metà è cinquestelle.
Fonte: HuffPost